Pasqua è passata ma c’è chi ancora
l’uovo lo deve aprire e il regalo è un bel certificato verde. Che cos’è un
certificato verde? Una medaglia di “industria ecologica” per i grandi gruppi,
una scusa per accedere ai finanziamenti europei per lo sviluppo di fonti pulite
da energia rinnovabile. Così grazie a questa corsa al certificato verde e ai
finanziamenti europei che arrivano dalle nostre tasche – i soldi vengono
prelevati dalle bollette energetiche con la voce A3 – si assiste alla
disseminazione di centrali a biomasse in Italia. Ed in particolare noi
guardiamo con preoccupazione al nostro territorio, la Valdichiana.
Cortona ha già visto spuntare il
suo impianto a biomasse in località Renaia. La centrale, con potenza di circa
1Megawatt, può bruciare olii vegetali e generiche biomasse di origine vegetale. Il Comune di Castiglion Fiorentino ha già dato la propria
disponibilità alla costruzione (è stata individuata come area Poggio Ciliegio,
in aperta campagna, tra i confini comunali di Castiglion Fiorentino e
Cesa-Marciano della Chiana) di un impianto che dovrebbe essere di circa
50Megawatt. E a Foiano della Chiana è stato individuato un capannone in
località Renzino per la realizzazione di un impianto da 2Megawatt. Secondo i progetti depositati in
Comune dai privati proponenti, all’interno del capannone di Renzino verranno
istallati 6 motori: tre di potenza 225kw e tre di potenza 420kw per un
ammontare di circa 2Megawatt. Ogni motore è intestato ad una società diversa e
l’impianto, se pur in un unico capannone, è diviso in 6 piccole centrali,
mentre i finanziamenti che riceverà sono da moltiplicare per 6. Ciascun motore ha bisogno, per
bruciare gli olii vegetali, di bruciare gasolio, ma non è dato sapere quale
sarà l’impatto ambientale dei fumi per ogni motore e quello del viavai di
camion che sono necessari per l’approvigionamento dell’impianto, si parla di
centinaia di camion ma anche su questo punto non c’è chiarezza.
Quello che è accertato, grazie
all’esperienza di studi universitari e ad altre associazioni di cittadini
attive contro gli impianti già funzionanti nel resto d’Italia, è che queste
centrali a biomasse producono polveri sottili e ultrasottili che si depositano
a distanza di chilometri su tutto il territorio. Polveri che vanno a finire nei
nostri polmoni e sulle colture circostanti, ovvero nei nostri piatti. E’ certo inoltre che questi
impianti, per poter pareggiare i costi, devono bruciare continuamente, sono
strutturati per lavorare 24oresu24 tutti i giorni. Ma considerando il numero di
centrali a biomasse presenti ad oggi in Italia e in corso di realizzazione, non
sarebbe sufficiente mettere a coltura di colza o girasole l’intero territorio
agricolo italiano per soddisfarne il bisogno. E’ lecito pensare che, non
esistendo olio da bruciare in Italia, questi verranno acquistati dall’estero e
molti da paesi extrauropei, attualmente i principali produttori. Ma che senso ha tappezzare
l’Italia e la Valdichiana di impianti a biomasse se la materia prima qui non
esiste? Considerando che la resa in energia elettrica è bassa? Che per i
cittadini in bolletta è un costo? Che un impianto di questo tipo ha una vita
massima stimata di 15 anni? Dopo 15 anni l’erogazione dei contributi
s’interrompe. E chi controllerà che cosa viene bruciato veramente all’interno? E’ lecito pensare che una volta
realizzati gli impianti, i privati proprietari chiederanno l’autorizzazione
alla trasformazione per bruciare rifiuti visto che non c’è olio per tutti? A quanto ammonteranno i danni
provocati alle colture agricole e al minor afflusso turistico in Valdichiana? Di certo i turisti non vengono per
vedere silos e colonne di fumo nero, allo stesso modo prodotti da agricoltura
biologica cresciuti all’ombra di ciminiere vedono ridurre il loro mercato. Quanto si svaluteranno i nostri
immobili con vista sui camini?
A conti fatti, quanto ci costerà
veramente questa energia elettrica?
Fonti:
La centrale di Renaia - come ci hanno precisato dal comitato tutela Cortona - è composta da SEI piccole centrali da 0,256 MW per un totale di MW 1,536. SEI, a quanto pare, è il numero che piace a queste imprese per sfruttare al meglio lo spazio di un solo capannone.
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